MUSULMANI:
CITTADINI, MA NON ITALIANI

di Alberto Indelicato
Tratto da "Il Giornale" di
venerdì 20 settembre 2002

Gli italiani ignorano quanto dovrebbero essere grati ad una certa  "Unione dei Musulmani d'Italia", che sempre più spesso fanno parlare di sé. Non sappiamo quanti islamici raggruppi e rappresenti, ma la sua importanza prescinde dal dato strettamente numerico per le ragioni che non mancheremo di illustrare tra poco. Per intanto ricordiamo che dai suoi rappresentanti è venuta l'indignata segnalazione dell'affresco che nella chiesa bolognese di San Petronio rappresenta Maometto nei  tormenti dell'Inferno e la richiesta di sopprimerlo. In realtà pochi lo avevano notato e pochissimi lo avevano messo in rapporto con il canto dantesco relativo ai seminatori di scisma e di discordia.

Non sappiamo se la protesta dell'Unione suddetta abbia spinto molte persone a rileggere quel canto, ma ance se non numerose è, come si dice,  tanto di guadagnato per la conoscenza della nostra letteratura. Tuttavia non è questo il merito principale di quegli attivi islamici.

Esso è apparso più evidente quando piuttosto chi della "difesa" del loro profeta condannato dall'Alighieri alle pene eterne essi si sono occupati delle  tradizioni italiane per condannarle senza appello.

"Fuori dagli edifici pubblici - hanno intimato - il crocifisso e le madonnine". E' stata questa la loro risposta al Papa che aveva raccomandato esattamente l'opposto. A quanto pare la presenza di quei simboli religiosi ad essi estranei offende la loro sensibilità ed è qui esattamente il problema.

I bravi musulmani dell'Unione hanno dimostrato che ciò che li divide dal Paese che li ospita non è un fattore razziale e neppure l'elemento religioso, ma qualcosa di più importante: un dato culturale, quale è la concezione della convivenza. Essi non si rendono conto che sono ospiti nel nostro Paese e che come tali dovrebbero rispettare le regole, non soltanto giuridiche, che lo reggono. E naturalmente la prima regola consiste nel non comportarsi da padroni.

Bisogna ammettere che una parte del torto spetta a quegli italiani che li hanno esortati a ritenersi "cittadini", fingendo di ignorare che la nostra Costituzione quando usa questa parola intende soltanto i cittadini italiani. Ma una seconda ancora è quella che contraddistingue le nostre società da numerose altre, una regola che è stata conquistata in secoli di lotte: quella della tolleranza. E' una regola a cui si sono attenute tutte le popolazioni entrate a far parte della nostra popolazione. Si pensi, ad esempio, alla comunità ebraica - che ha una ben più lunga tradizione di permanenza e di convivenza con le altre popolazioni italiane e che, malgrado avesse qualche solida ragione storica di insoddisfazione nei confronti della maggioranza cristiana (si pensi alle limitazioni ed alle umiliazioni che ha dovuto subire in vari Stati italiani, a cominciare da quello pontificio), non si è mai sognata di imporre le sue leggi e le sue abitudini a tutta la collettività di cui fa parte.

Terza e più importante regola è quella del rispetto dell'identità di un popolo. Per religiosi, per laici, agnostici ed atei il cristianesimo con i suoi simboli fa parte dell'identità italiana. Il non volersi attenere a queste regole fondamentali, il volerle anzi contestare è un grande avvertimento che ci viene dall'Unione dei Musulmani d'Italia, alla quale  perciò dobbiamo essere grati, perché ci mette sull'avviso con un certo (si spera) anticipo.

Ma si tratta di minoranza, sentiamo invocare dai soliti buonisti. Certamente, essi sono adesso una minoranza, ma anche a voler ignorare che sono le minoranze attive e rumorose che trascinano le maggioranze apatiche e scontente, è così difficile immaginare che una politica di accoglienza troppo larga possa aver fatto sì che essa assuma un peso sempre più grande e magari determinante, specie nei confronti di un popolo che come il nostro, grazie anche alla debolezza di certe istituzioni, non sembra aver forte il senso della fedeltà alla sua eredità spirituale?