Seduta del 18/11/2008
 

Ordine dei lavori

 

Come ho già anticipato ieri nella riunione dei capigruppo alla quale ho partecipato, ribadisco che mi sembra sbagliata la procedura di stabilire in Consiglio regionale tempi così ristretti per un dibattito così importante. Prevedere la chiusura dei lavori alle 14.30, iniziando, come era prevedibile si facesse, alle 11.00, significa strozzare il dibattito su un argomento importante - la crisi che c’è in Lombardia e a livello internazionale - costringendo i Consiglieri a fare interventi sempre più sintetici ed io, questo, oltre che sbagliato, lo ritengo anche mortificante.

Presidente, ultimamente e sempre di più ho l’impressione che più un Consigliere lavora e più dà fastidio, questo sia per quanto riguarda la presentazione delle mozioni e delle interrogazioni, che per gli interventi in aula.

Io ritengo che la funzione del Consigliere non debba essere solo quella della presenza, che è fondamentale e che io credo di mantenere al meglio potendo vantare più del 99% di presenze. L’attività del Consigliere non si può limitare alla presenza e a garantire il numero legale, ma, soprattutto, il lavoro del Consigliere non può essere un fastidio, deve costituire un apporto fondamentale.

Per questo, Presidente, la invito a non strozzare in questo modo il dibattito perché ciò è mortificante per il lavoro dei Consiglieri. Poi può darsi che i Consiglieri, me compresa ,  intervengano meno dei sette minuti previsti - abbiamo venti minuti e siamo in tre.

Io intendo usufruire del tempo previsto dal Regolamento.

Ad ogni Consigliere spettano quindici minuti per l’intervento, al quale va aggiunto quello che spetta per l’intervento in merito agli Ordini del Giorno presentati.

Sono stata eletta per lavorare e non solo per schiacciare bottoni.


 

Dibattito in merito alla Crisi mondiale dell’autunno 2008, i suoi riflessi sull’economia lombarda, i provvedimenti conseguenti.

Anch’io ritengo molto opportuna la discussione di oggi -  nonostante le modalità con le quali è stato deciso di organizzarla - anche e soprattutto per la gravità della situazione.

Credo che il dato che dà il polso della gravità della situazione non è tanto e non solo ciò che sta avvenendo in America o ciò che è avvenuto e che c’è già in Italia.

Il dato importante è dato dal calo dei consumi alimentari; non  il calo di generi di lusso, non il calo del vestiario, non il calo dell’acquisto dell’automobile. Parliamo del calo dell’acquisto dei generi alimentari e il fatto che in una famiglia si risparmi sul mangiare e sugli alimenti credo sia il dato più significativo e più importante di qual è la reale situazione in cui ci troviamo. E purtroppo sembra solo l’inizio. Importanti ed estremamente significativi sono i dati che ha fornito il capogruppo della Lega, in particolare quelli sui pignoramenti. Perché è anche su questo che poi dobbiamo confrontarci.  Con le tragedie di coloro che perdono la casa dopo aver investito denaro o di coloro che hanno perso il lavoro e restano in ginocchio.

Credo che di fronte ad una situazione di questo tipo la cosa migliore sia innanzitutto evitare la conflittualità.

Ho ascoltato tutti gli interventi.

Ho ascoltato il primo intervento del Presidente Sarfatti, che forse ho sentito parlare più da imprenditore che da politico e ha infatti posto subito l’accento sulla necessità di evitare la polemica politica.

Perché il punto è proprio questo.

Possiamo noi, in una situazione così grave, così drammatica per la Regione, per l’Italia, per il mondo, continuare a scontrarci ad ogni livello politico?

Sono bellissimi gli esempi che abbiamo a livello internazionale, come per esempio MacCain che, dopo l’elezione di Obama, ringrazia il suo Presidente.  C’è il momento per la lite e il confronto duro, ma quando la campagna elettorale finisce, occorre rimboccarsi le maniche per un interesse comune e per il bene comune.

Oppure come è avvenuto in Francia col Presidente Sarkozy, il quale dopo una durissima campagna elettorale ha chiamato al Governo i migliori perché gli diano una mano ad affrontare la situazione di crisi della Francia e per dare la migliore risposta ai francesi.

Non si tratta ovviamente di inciucio, ma della necessità di dare risposte, perché la politica dovrebbe essere questo.

La politica è questo.

Non condivido la conflittualità esasperata nella politica o quella che viene alimentata nelle imprese, nelle fabbriche o  nelle scuole.

Quando la nave sta affondando si alza il livello di attenzione di tutti.  Ci si dà tutti da fare perché, anche se c’è chi viaggia nella classe di lusso e chi viaggia invece nella stiva, quando la nave affonda, affondano tutti.

Certamente è più facile salvarsi per coloro che sono in posizione privilegiata, ma, come ha dimostrato il Titanic, quando si affonda si affonda tutti ed è per questo che è auspicabile una minore conflittualità anche all’interno del mondo del lavoro.

A me spiace che dopo una discussione così importante e così impegnativa, dove ognuno di noi ha cercato di dare il meglio in termini di analisi e di proposte, escano dal Consiglio regionale cinque o sei Ordini del Giorno diversi; in questo modo, il segnale che diamo è che su una situazione così grave siamo totalmente divisi e, se da una parte è abbastanza comprensibile che ci sia una diversità di vedute tra maggioranza e opposizione, dall’altra lo è un po’ meno se i documenti che vengono posti all’aula sono così tanti ed il conflitto entra prepotentemente anche all’interno della nostra aula.

Mi spiace perché la Regione Lombardia, forse anche grazie alla conduzione del Presidente Formigoni, ha sempre privilegiato la discussione sulle cose. Tra maggioranza e opposizione spesso, molto spesso, al di là delle bandiere siamo riusciti in diversi casi ad ottenere dei risultati anche portando avanti delle iniziative comuni.

Forse è anche per questo che, a differenza delle altre Regioni vediamo anche qualche risultato in più.

Forse è anche perché nelle aule là dove si decide, qualche volta, prevale di più l’interesse generale di quello l’interesse particolare.

Per quanto riguarda invece la questione più nel dettaglio,  credo che un punto fondamentale l’abbiamo già affrontato - e con largo anticipo - quando abbiamo votato una legge importantissima come quella sulla competitività, che dava segnali e obiettivi  importantissimi; ho sentito la relazione del Presidente, con la quale ha dato già dei dati importanti su cosa è stato fatto su questo fronte.

Ho anche letto la relazione che è stata mandata in Commissione IV sullo stato di attuazione della legge sulla competitività.

Tutto viene descritto in modo dettagliato, ma manca una parte ed io vorrei fare a questo proposito una critica positiva.

Quello che vedo mancare in tutta questa documentazione è il riferimento fondamentale alla semplificazione.

Su questo dovevamo intervenire.

Anche per questo era nata la legge sulla competitività e qui non ci sono i dati su cosa sia stato fatto per semplificare la vita alle nostre aziende e soprattutto per evitare di nuocere loro. Troppo spesso infatti la pubblica amministrazione non solo non aiuta le imprese, ma è addirittura nociva.

Ho già ricordato in quest’aula come i medici facciano il giuramento di Ippocrate - che è quello di non nuocere alla persona. In molti casi anche la pubblica amministrazione dovrebbe fare lo stesso: evitare di nuocere.

Perché la burocrazia nuoce in modo grave allo sviluppo e alla competitività delle nostre imprese.

Ho già citato e voglio ricordarlo ancora lo studio della Promo sulla soddisfazione delle piccole e medie imprese nei confronti della pubblica amministrazione.  Il grido di dolore è chiaro e non può restare inascoltato. Sono circa 25,8 le giornate che si devono spendere ogni anno per il disbrigo delle pratiche.

È necessario, in molti casi, servirsi addirittura di studi di avvocati per riuscire a stare al passo con le norme che cambiano in continuazione.

Ma come fanno gli imprenditori a rispettare la normativa se la normativa è in continuo divenire?

E se non ci si aggiorna non dico quotidianamente, ma almeno settimanalmente, si rischia di finire ovviamente fuori norma.

Questi sono dati importanti, così come sono importanti i dati sulla pressione fiscale delle nostre imprese.

Nello studio della Promo si ricorda come il fisco a un imprenditore bergamasco abbia chiesto addirittura il 104% dell’utile realizzato nell’anno precedente; a Parma, a un altro imprenditore è andata anche peggio: gli hanno chiesto il 227%. Sono dati che fanno riflettere.

Certo queste forse sono eccezioni, ma qual è la realtà delle nostre imprese? E soprattutto, perché le nostre imprese non assumono?

E’ facile dire come fa qualcuno: facciamo una legge. Vietiamo alle imprese di chiudere, così i lavoratori non vengono messi in cassa integrazione.

Peccato che abbiamo a che fare con normative nazionali, europee, internazionali.

Anche in questo caso il dato della Promo è significativo: il 97% delle imprese non assume a tempo indeterminato o assume molto di meno di quanto vorrebbe proprio a causa dei costi esagerati e anche e soprattutto dell’eccessiva macchinosità dell’iter burocratico.

Allora, se vogliamo che le imprese assumano, dobbiamo intervenire su questi punti.  Questa è la strada, così come lo è intervenire in sostegno delle piccole e medie imprese.

E qui c’è un altro dato importante, perché noi da una parte continuiamo a parlare del sostegno alle piccole e medie imprese, comprese le micro imprese, e poi, dall’altra, trattiamo le piccole e le micro imprese come un fattore negativo.

Ho letto, o meglio sto finendo di leggere i quattro chili di piano territoriale e nel secondo libro, il documento di piano, noi, tra le debolezze del nostro sistema regionale, citiamo la dimensione medio piccola delle imprese.

Per quanto mi riguarda, io credo, al contrario, che le imprese di dimensione medio piccola e soprattutto quelle a carattere familiare siano quelle che stanno salvando l’economia.

Sono coloro che meglio di altre, nei momenti di crisi, riescono a stringere la cinghia e ad andare avanti a produrre ricchezza.

Perché, e anche questo è un dato fondamentale, se si vuole distribuire la ricchezza il metodo è uno solo: dobbiamo creare ricchezza. E come facciamo a creare ricchezza se mettiamo in ginocchio le imprese? Le imprese vengono messe in ginocchio dalla pubblica amministrazione e dal sistema bancario.

Questo è un altro capitolo che riprenderò tra poco.

La Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale era in ginocchio e tutti voi sapete in che condizioni si trovava  alla fine di quella guerra.  I primi interventi che sono stati fatti sono stati quelli a sostegno delle imprese. Questo perché si è detto: prima le fabbriche, perché se la ricchezza non viene prodotta, non si può, evidentemente nemmeno distribuire.

E alla Sinistra, che cita tanto il nuovo Presidente Obama, per cose che in molti casi io condivido, voglio ricordare che Obama sta andando sulla strada opposta a quello che stanno sostenendo alcuni esponenti della Sinistra.  Obama sta parlando di finanziamento alle grandi industrie automobilistiche proprio per non farle chiudere. Obama è stato a favore degli interventi sulle banche americane.

Questo è il sistema Obama.

Per questo ho detto che forse qualcuno ha iniziato a parlare e a festeggiare troppo presto quando Obama ha vinto le elezioni.

Certo ci vogliono regole ed è proprio questo quello che è mancato nel nostro sistema bancario, così come anche in quello americano. Sono mancate le regole e sono mancati coloro che dovevano fare i controlli e che le facevano rispettare.

Quindi è giusto sostenere il mercato o le aziende in crisi, ma solo a determinate condizioni.

I responsabili dello sfacelo e non solo del settore bancario, ma anche delle aziende di Stato, quei manager di Stato che hanno messo in ginocchio le aziende di Stato che hanno gestito, creando voragini nei bilanci, non possono e non devono più essere messi in condizioni di nuocere. Non devono essere più occupare posti di responsabilità. Ha detto bene Tremonti, e qui il riferimento è chiaro al nostro sistema bancario: vanno bene gli aiuti ma i responsabili poi vanno messi in galera.

Questo è quello che bisogna fare. 

Gli aiuti alle banche e alle industrie servono per non far precipitare la situazione che già è grave. L’importante è stabilire a quali condizioni.

Poi servono anche interventi per contrastare la criminalità mafiosa e la corruzione.

Quando le famiglie sono costrette ad indebitarsi sorge un altro gravissimo problema, quello dell’usura.

In Regione Lombardia, con la proposta di legge del Consigliere Colucci sull’usura - che ho sottoscritto, ci eravamo già posti il problema delle conseguenze dell’indebitamento delle famiglie. Dobbiamo farlo anche ora, a maggior ragione, con la crisi attuale.

Queste sono, secondo me, sono le cose che dobbiamo assolutamente tener presenti e le strade che dobbiamo seguire.

Nell’importante legge che abbiamo approvato sulla competitività avevamo votato anche alcuni miei Ordini del Giorno.

Uno di questi riguardava proprio la questione della delocalizzazione, sulla quale sarebbe importante avere dati specifici per quanto riguarda la situazione in Regione Lombardia.  Se è vero, infatti, che non dobbiamo avere e non abbiamo leggi che possano impedire la chiusura soprattutto di multinazionali, possiamo però almeno evitare di finanziare, sostenere e promuovere quelle imprese che hanno delocalizzato o intendono delocalizzare la loro produzione.

Un altro punto importante che abbiamo inserito quando abbiamo votato la legge sulla competitività, sul quale dobbiamo  intervenire è quello che riguarda la responsabilità sociale d’impresa.  Pensate quanto è importante oggi e con che anticipo ci eravamo già posti il problema sulla responsabilità sociale d’impresa. Sull’argomento avevamo già detto alcune cose importanti e dato anche alcune prescrizioni. Per questo, secondo me, sarebbe importante tornare su questo punto, informando, ad esempio, le nostre imprese, perché è giusto semplificare, ma serve anche informare.

I nostri imprenditori che vogliono esportare o vogliono partecipare a fiere a livello internazionale, devono innanzitutto sapere dove sono queste fiere, come si fa a partecipare, quali sono le leggi locali e tante altre cose ancora. Ma chi li informa, chi li assiste, chi li aiuta? Dovrebbero farlo i consolati - perché questa è, sulla carta, una delle principali funzioni dell’attività consolare – ma non lo fanno.

Su questo tipo di informazioni, dunque, che non viene assolutamente garantita, la Regione Lombardia può fare molto.

Credo sia importante distribuire contributi e sostenere, e anche controllare che fine fanno questi contributi e quali sono gli obiettivi che con essi si raggiungono, ma è importante anche l’informazione, perché solo così diamo a tutti la possibilità di intervenire ed operare al meglio.

Concludo ricordando un’iniziativa importante che è stata fatta ieri a proposito della conflittualità.

Tante volte nei nostri documenti riportiamo meno di quello che in realtà facciamo, perché capita che ci dimentichiamo qualcosa. Ieri è stato inaugurato il centro di conciliazione.

Ogni anno le imprese spendono 4 milioni per le loro controversie e quindi tentare di affrontare anche questa questione e di ridurre la conflittualità ritengo sia un’iniziativa importante e giusta. Un’iniziativa che è stata portata avanti dal Presidente Formigoni e che certamente non può che dare buoni frutti.

Sono piccoli passi e ce ne sono ancora molti da fare.

Ma non c’è un’unica soluzione.  Non c’è una ricetta magica.

Nessuno ha la bacchetta magica.

Quello che possiamo fare però è limitare i danni.

Nel mezzo di una bufera si riconosce il valore di chi conduce in porto la nave e di chi invece non è in grado né di dirigerla, né di controllarla e la lascia affondare.