Seduta del 10/03/2009

Mozione n. 289 – Arg. n. 6 concernente interventi della Regione volti ad affrontare il fenomeno della violenza fisica o sessuale su donne e bambini.

Mozione n. 291 – Arg. n. 7 concernente soluzioni, strumenti e azioni specifiche a favore delle donne vittime di violenza sessuale e valorizzazione dell’attività svolta dai Centri Antiviolenza.

 

FERRETTO CLEMENTI Silvia

 

Innanzitutto mi piacerebbe avere il testo della mozione così come è stata riscritta e rielaborata. Sono contenta, che si sia trovato l’accordo, anche se mi sembra particolarmente strano che dopo aver già votato due mozioni simili sulla questione della violenza alle donne se ne debbano votare altre due che più o meno dicono la stessa cosa.

Faccio un po’ di storia. In Consiglio regionale abbiamo già discusso e votato sui dati dell’Istat relativi alle violenze sulle donne. Lo abbiamo fatto con una mozione votata all’unanimità l’8 ottobre 2008, alla quale non è mai stato dato seguito; così come non è mai stato dato seguito ad un’altra mozione del 12 febbraio 2007, anch’essa votata dall’aula, con la quale si invitava la Giunta a sostenere, a livello psicologico, legale ed economico, le vittime della criminalità e a rivedere soprattutto i criteri della polizza assicurativa a tutela delle vittime della criminalità, affinché anche le vittime di violenza sessuale potessero esservi incluse.

Vorrei sapere se questo è stato fatto. E’ passato un anno, il documento è stato votato all’unanimità dal Consiglio regionale ed io vorrei avere notizie di quanto è stato fatto, perché votare le mozioni è importante ma credo sia altrettanto importante far sì che quanto votiamo venga poi realizzato altrimenti è inutile.

Certo, le mozioni le possiamo votare una volta, due volte, tre volte, anche dieci volte, ma se poi restano nel cassetto il risultato non cambia. Il principio è questo: invertendo l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Spero che magari con questo nuovo sistema di rivotare per tre volte le stesse mozioni qualche risultato in più si possa ottenere.

Entrando nel merito delle due mozioni presentate e poi unificate, nella mozione presentata dall’opposizione ci sono alcuni punti nuovi e interessanti, che mancavano in effetti in quelle precedenti, punti che invece non vedo riportati nella mozione concordata. Nella mozione concordata non viene più menzionata, ad esempio, l’opera meritoria svolta presso l’ospedale Mangiagalli, che opportunamente è stata citata nella mozione dell’opposizione e di cui mi sarebbe piaciuto trovare riferimento anche nel nuovo testo.

 

Quello che poi trovo strano è laddove si dice “Invita la Giunta a valutare tempestivamente, in applicazione delle altre norme di settore, soluzioni, strumenti e azioni specifiche a favore delle vittime di violenza sessuale, anche valorizzando l’attività svolta dai Centri Antiviolenza operanti sul territorio regionale”. Ecco, qui vorrei formalmente proporre un emendamento; la mia proposta è di aggiungere “finanziando”, “valorizzando e finanziando” dunque, perché se continuiamo a studiare e a non finanziare credo che ottenere risultati per le donne vittime di violenza sia alquanto difficile.

Il problema sta, a mio parere, tutto qui, perché finora noi abbiamo studiato e non abbiamo finanziato. Quindi la questione importante e determinante, visto che dobbiamo rifare una nuova mozione, è ribadire che, dopo tutti i soldi che sono stati spesi per studiare quanto è già stato studiato, almeno ci sia il finanziamento.

Io ho letto la famosa ricerca dell’IReR, e invito anche gli altri colleghi e anche le colleghe che hanno presentato questa ricerca a leggersela, perché i dati dati in questa ricerca sono già stati dati - e il gioco di parole è voluto. Questa ricerca è il frutto di tre copia/incolla: il primo sono i dati Istat riportati nella ricerca “La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia” che è stata pubblicata il 21 febbraio 2007. Dieci mesi dopo il Consiglio regionale decide di fare una ricerca per studiare esattamente lo stesso fenomeno.

Anch’io, è vero, ho firmato la richiesta per la realizzazione di quella ricerca, ma evidentemente mai avrei immaginato che quanto avremmo dovuto studiare era già stato studiato. Allora gli uffici della Regione, e questo può essere ed è un invito per il futuro, prima di pagare le ricerche verifichino se i dati che si intendono ricercare non siano già stati ricercati ed elaborati.

Ma non solo! Questi sono i primi dati che sono già stati dati.

I secondi dati che sono già stati dati sono quelli dell’”Aiuto donna 2008 - La guida ai servizi delle donne maltrattate”, una guida copiata integralmente. Non è stata cambiata nemmeno la grafica, almeno in questo sono stati corretti. È stata copiata pari pari.

Gli altri dati che sono stati copiati, infine, sono quelli dell’Osservatorio Donna della Provincia di Milano, anno 2006.

Con un bel copia/incolla di queste tre ricerche è venuta fuori insomma la ricerca dell’IReR, con un po’ di condimento, perché qualcosa di nuovo in effetti c’è.

Vorrei capire, aiutata anche dalle colleghe che poi hanno partecipato e che come me si sono battute molto affinché nello Statuto venisse riconosciuto il ruolo della famiglia, qual è il concetto di famiglia che esce da questa ricerca. Una ricerca che abbiamo pagato 60 mila euro per fare un copia/incolla di tre ricerche e per la quale abbiamo contribuito anche “prestando” personale regionale - visto che il gruppo di lavoro tecnico dell’IReR che ha lavorato a questa ricerca è composto al cento per cento da personale regionale.

A tal proposito, mi domando: queste persone sono state pagate due volte? Al posto di lavorare in Regione lavorano fuori? Se così è, ora capisco perché poi quando le Commissioni e i Consiglieri fanno le richieste devono aspettare mesi per avere le risposte.

Altro che aumentare il personale del Legislativo!

Facciamo sì che il Legislativo lavori per il Consiglio regionale e non per qualcun altro e magari un po’ di tempo in più lo potrà avere.

Entrando nel merito della ricerca, poi, invito a leggere quali sono le conclusioni che vengono tratte e quale la concezione della famiglia che ne esce.

Ve ne leggo qualcuna. Sembrano uscite dai collettivi anni Settanta delle vetero femministe e descrivono modelli nei quali non credo che la maggioranza si riconosca.

Io non mi ci riconosco sicuramente e non è conforme nemmeno allo Statuto perché nello Statuto è stato precisato chiaramente cosa intendiamo per famiglia. Vi leggo: “Allo stesso tempo tuttavia abbiamo assistito ad un permanere dell’archetipo della famiglia di tipo tradizionale, modello di riferimento e unità di base delle società moderne, che mal si adatta ai mutamenti recenti che hanno caratterizzato le relazioni “sessuate” nel mondo occidentale, Italia compresa” e poi va continua “Hanno reso l’istituzione famiglia meno definibile, incasellabile, sia in descrizioni che in normative, e che, proprio per l’assenza di una definizione aggiornata e socialmente condivisa, non hanno fatto altro che alimentare la frustrazione tra un modello irreale e una realtà mutevole”. La definizione aggiornata e che non è condivisibile è quella della Costituzione, qualcuno forse dovrebbe ricordarglielo.

“Il discorso maschile, che propone un modello di donna caratterizzato dalla responsabilità di cura domestica e della prole, continua a rimanere in filigrana in molti discorsi e molte pratiche normative. La donna contemporanea si trova immersa in una violenza simbolica assoggettata a un potere biopolitico, che determina il figliare, quando poterlo fare e in che misura poter gestire il proprio corpo” e poi prosegue.

Insomma questa è la concezione superata della famiglia, la concezione storica della lotta di genere, tipica del peggiore femminismo, pagato con i soldi della Regione Lombardia. Allora mi chiedo se è possibile che con i soldi della Regione Lombardia si faccia questo e che poi per i Centri Antiviolenza e per le donne maltrattate non si trovino i fondi per dare un sostegno finanziario e un aiuto doveroso.

Non voglio proseguire, perché credo di essere stata molto chiara.

Concludo dandovi una consulenza gratuita.

Vi dico, molto semplicemente, che la prima richiesta delle donne che hanno subito violenza non è quella di essere studiate, ma quella di essere aiutate.